La
REPUBBLICA DI PANAMA
Andai
a Panama con una barca a vela nel 1996, e ci rimasi pochi giorni: era
una tappa del Rally intorno al mondo organizzato dalla RAF (Royal Air
Force) Ebbi poi occasione di consegnare una barca nel porto di Panama
e mi fermai sulla barca in attesa dell’armatore romano che venne
dopo due settimane. Conobbi un pensionato americano, Robert, che era
mio coetaneo, viveva a Panama da 4 anni sempre sul suo bel veliero
d’epoca, in legno pregiato. Aveva a bordo anche uno spazio notevole
per un ufficio con TV, computer, stampane, e ovviamente collegato a
terra con corrente elettrica. In tutto quel tempo Lui abitava da 4
anni in quel porto, e spesso si faceva portare in barca un pranzo
completo caldo da un ristorante di classe: Robert era un pensionato
di lusso. Per tenersi la mente attiva scendeva a terra e fece molte
amicizie. Descrisse a fondo il modo di vita dei panamensi. Tra
velisti è facile stringere amicizia e seppi da Robert, che parla
anche in spagnolo e sapeva tutto sul popolo della piccola Repubblica
di Panama. Nel mio libro “Racconti di Mare e di terre lontane”
descrissi Panama dal punto di vista dello skipper, difficoltà varie
per l’ormeggio di notte all’ancora. Da lui ho saputo tutto
sull’attuale popolazione, ben più precisa e approfondita della mia
di molti anni prima. Mi dettò tutto ciò che aveva scritto e io lo
digitai sul suo computer. Poi passai il contenuto nella chiavetta
USB.
Panama
è Paese “bendito
por Dios”
-Benedetto da Dio- la sua posizione geografica, ad ansa, lo protegge
da uragani, cicloni e altre calamitá naturali, che affliggono
ciclicamente il centro-America. Mi spiega che anche per questa
ragione il famoso Canale è stato costruito proprio qui !
E
i panameñi, tutti, vanno giustamente orgogliosi di questa immane
‘via di transito interoceanica’. E l’orgoglio patriottico è
diffuso. “Orgullosamente
hecho (nato) en Panama”. “Un Canal, un solo nombre:
Panamá”.
Questi alcuni degli slogan che campeggiano nei titoli dei giornali,
che risuonano dai canali tv pubblici e che si vedono un po’
ovunque: sulle facciate degli edifici e sulle bandiere che i panameñi
fanno sventolare dalle loro case.
Ad
un europeo o un americano del nord come Robert, queste espressioni
cosi nazionaliste paiono strane, come pare strano l’inno nazionale
cantato il lunedì nelle scuole, e i molti ‘desfiles’ che in
varie occasioni (Día de la Patria, Día de la Liberación) si
organizzano un po’ in tutto il Paese. Parate della gioventú
panameña, agghindata in uniformi lucidate e armeggiante bandiere,
gagliardetti, stendardi di tutti i tipi mentre un rollio di tamburi
accompagna il tutto. Nelle scuole, cartelloni e inni alla Patria,
benedizioni divine e altre invocazioni-preghiere e ringraziamenti che
le varie classi preparano sotto la guida, attenta, degli insegnanti.
Il
Paese è considerato sacro e intangibile e ogni osservazione o
critica è considerata offesa ‘personale’. Parlando con la gente
si nota una forte e diffusa avversione per tutto ciò che è ‘gringo’
(americano del nord) e una rabbia, ancora aperta e bruciante, per
l’invasione statunitense..
Venire
a invadere un Paese di tre milioni di abitanti, ad ammazzare gente
innocente per prendere un narcotrafficante che loro stessi – George
H.W. Bush- avevano messo Noriega. Robert mi disse che un panamense
gli raccontava:
–
Ricordo le bombe, ricordo i saccheggi dei magazzini, dei negozi. Il
Paese era senza controllo.
–
Ricordo che mi hanno portato in prigione e mi hanno dato un sacco di
botte. Qualcuno non è più tornato a casa
–
Noriega? Adesso se la passa bene, dicono che sia in una villa
super-confortevole e protetta negli Stati Uniti.
Come
giustificare però che la forza di Panama sta proprio – volenti o
nolenti – nella forte influenza statunitense? A malincuore, qualcuno
ammette che il ritorno del Canale a Panamá (31 dicembre 99) non ha
rappresentato una vittoria e che forse sarebbe stato meglio fare la
fine di Puerto Rico, ‘colonia’ americana nel Caribe.
L’impressione
che se ne ricava è che questo popolo-bambino sia facilmente
plagiabile e che la demagogia, qui più che altrove, sia un facile
terreno. Qualcuno dice, ridendo, che durante l’invasione gli unici
negozi non saccheggiati sono stati le librerie. Non si fatica a
crederlo. Pochi leggono o viaggiano, ma quelli che possono mandano i
figli a studiare in elitari colleges europei o statunitensi.
I
ragazzi sotto i sedici anni non possono uscire alla sera dopo le otto
‘se non accompagnati da un adulto’: mi chiedo chi farà
rispettare questo ‘coprifuoco minorile’. In un Paese che sembra
autoritario, nessuno esercita realmente alcuna autorità. I giovani
sembrano abbastanza rispettosi di regole, norme, ruoli e trascorrono
il tempo in inviti reciproci per “la festa dei 15 anni’, in
bigliettini di invito, nella scelta del vestito per la del diploma.
É
un Paese che adora le formalità, i certificati, i pezzi di carta, le
dichiarazioni. Ma lo sfoggio è, come tutto, più apparente che
sostanziale. Non fosse un popolo profondamente pacifico, la
combinazione ignoranza-violenza sarebbe davvero esplosiva.
In
occasione delle festività religiose è vietata la vendita di alcool
e derivati. E tutti o quasi vanno alla Santa Messa e si dichiarano
fedeli alla Chiesa cattolica romana. Anche la religione, come tutto
il resto, è formale e si benedice tutto con la stessa compunta
serietà: la pizzeria, il bambino, la banca. La famiglia è un valore
in sé, ma molti hanno figli diversi da donne diverse. Che li mettono
al mondo. “cuando
Dios quiera“,
(quando Dio Vuole).
E
tanti non vedranno mai una scuola!
L’unico
vero interesse sembra essere il Sesso (con la S maiuscola). Tutti ci
pensano e lo praticano con grande disinvoltura, ma tutto ciò che
riguarda la sessualitá è censurato, proibito, nascosto. In molti
luoghi di lavoro si vietano alle donne i pantaloni perché potrebbero
suscitare… desideri morbosi. Molte sostengono che il “machismo’
è dilagante, però poi ammiccano con gesti e provocazioni sessuali
in una perfetta complementarietà.
La
vendita, emblema e simbolo del capitalismo, è quasi sempre gestita
in modo casuale. Casuali gli ammassi di mercanzia nei negozi dove si
vendono chitarre con lenzuola, quadri con biciclette, e dove non
capisci mai il dove e il come. Se entri nessuno ti bada. Chi mangia,
chi beve, chi si fa le unghie. Tutti pagano tutto a rate e tutti
scrivono assegni. Quasi nessuno usa i contanti e tutti hanno paura
dei ladri e delle rapine. E’ vero. Ho visto io personalmente un
barista del bar nel porto rientrare al mattino sanguinante per una
ferita al gluteo: non avendo trovato nulla nelle sue tasche dopo
averlo spogliato, con lo stesso coltello gli tolsero la copertura
d’oro di un dente. A me questo Paese appare più incasinato che
violento.
L’esercito
regolare è stato sciolto dopo i “fatti di Noriega” ma
ovunque ci sono guardie private. La droga esiste, ma non è una
‘piaga sociale’ e non causa violenze quotidiane come in Europa.
In fatti la percentuale dei ‘consumatori’ é bassa e non esiste
l’eroina. Qualcuno mi spiega che è una scelta ‘di mercato’: i
narcos preferiscono tenere tranquillo questo Paese dove possono
“lavare” denaro in quantitá. E Panama é sicuramente un
luogo dove si ‘blanquea
dinero’ (pulisce
denaro).
E tanto. Lo vedi dalle molte società di prestiti (a tassi
irrisori), alla potenza e al numero incredibile di banche, ai molti
lussuosissimi hotel e ai grattacieli che nascono come funghi. I conti
bancari sono intestati a società anonime ed è successo che su un
conto sia transitato, per errore, un milione di dollari proveniente
da chissà dove e diretto chissà dove. Con centomila dollari si
ottiene la residenza senza bisogno di tanti papiri. E’ facile
comprendere come qui, più che altrove, ci siano signori
rispettabilissimi e sorridenti con condanne pendenti per omicidio,
rapine, sequestri… Mi spiegano che se ‘stanno tranquilli’
nessuno li tocca e che l’ordine di espulsione viene dato solo se il
governo d’origine fa forti pressioni, oppure se la DEA è sulle
loro tracce.
Tutto
si compra. La corruzione è capillare, diffusa, ma… allegra!
“Tranquilo”,
“Mañana”, “No se preocupe”
sono le ‘frasi tipiche’. Capisco come la corruzione abbia una sua
forte ragione logica: gli stipendi sono bassissimi e il costo della
vita (e l’offerta di prodotti) è in proporzione decisamente alto.
La gente in genere non ha grandi aspirazioni e lo scopo non è
guadagnare, ma disfrutar,
cioè
godersela. Ho sentito di gente che, appena ritirata la
quinzena
(quindicina), non ritorna a lavorare. E quando finiscono i soldi,
tornano, come se niente fosse, dal datore di lavoro. Mi chiedo, in un
sussulto sindacalista, da dove comincerebbe Cofferati e successori…
Quantità
enormi di birra circolano alla vigilia delle festività, che qui sono
proprio tante. La città, come per incanto, si svuota. Vanno
all’Interior, cioè nei territori interni di Panama (Las Tablas,
Chiriquí) a trovare amici, parenti, in un’ubriacatura collettiva
di birra, balli tipici e sesso a go-go. Panem et circenses: gli
antichi Romani hanno fatto scuola nel mondo. Quando si riprende, la
locura
di sempre: code infinite, tranques
(ingorghi) nelle poche strade cittadine e confusione ovunque. Se hai
un appuntamento, un impegno, un orario da rispettare, devi pensarci
per tempo. E se hai fretta… te la fai passare.
In
un Paese che ha la stagione delle piogge, nessuno sembra attrezzato
né abituato alla pioggia: l’escursione termica (giorno-notte ed
estate-inverno) sarà di cinque gradi. Cioè tra i 25 e i 30 gradi
tutto l’anno. Il calore non raggiunge mai i picchi delle estati
europee, o nord-americane. Ma qui nessuno pare sopportarlo, anzi lo
combatte con una feroce aria condizionata. Urlano e gridano con
orrore infantile se vedono un ragno, uno scarafaggio. Neanche
vivessero in Svizzera, inoltre il fatto di tornare al lavoro,
dopo aver finito il denaro della paga, è una realtà vigente negli
altri paesi sudamericani.
Raccontai
a Robert che ebbi l’occasione di andare per il mio lavoro di
skipper: in vari l Venezuela, Santo Domingo, Equador e in molte isole
dei Caraibi. Tornando dalle Galapagos, isole che appartengono alla
Columbia, in attesa di un volo per l’Europa rimasi per due giorni a
Quito e ebbi il tempo vedere nelle vicinanze di Quito, capitale
dell’Equador c’è una curiosità turistica: una rotaia di marmo
posta sulla linea dell’Equatore, si chiama “la
mitad del mundo
“ e la gente ci va per farsi fotografare con un piede nell’emisfero
boreale e l’altro in quello australe. E’ la linea di latitudine
zero. Ora facile fotografare con lo Smartphone.
In
tutt’altro contesto, nei pressi di Londra, a Greenwich, vi è una
barra di ottone posta sulla linea del meridiano di Greenwich dove è
possibile farsi fotografare con un piede nell’emisfero Est e
l’altro piede nell’emisfero Ovest. Questa è la linea longitudine
zero, che parte dal polo nord, attraversa l’equatore e tocca il
polo sud.
Sono
passati molti anni dal mio incontro con Robert, avevamo scambiato il
numero di telefono, ma in quegli anni i cellulari non erano collegati
con satelliti e non seppi come contattarlo e non so nulla del mio
coetaneo.